La Cerca
Al pointer chiediamo di trovare selvaggina dopo averne cercato il sentore, nel vento.
Di un pointer - come di qualunque altro cane da ferma, da cerca o da seguita - potremo dire che cerca solo quando lo vedremo darsi da fare per trovare un selvatico, impiegando il naso.
Poi, cominceremo a chiederci come cerca, con quanta avidità e soprattutto con quanto metodo. E questo per trarre pronostici sulla sua capacità di trovare.
È bene chiarire subito che, a determinare il metodo, non è la razza, ma il selvatico, il vento e il terreno.
Non c'è che un metodo per cacciare beccaccini in marcita, cotorni in alpe, quaglie in brughiera o beccacce in bosco; per pointer, bracco, setter, épagneul, cambierà semmai lo stile.
E sia semmai, il metodo a condizionare lo stile e non viceversa. E condizionare non significa sacrificare o mortificare.
Da queste note dovrebbe risultare chiaro il concetto di "cerca utile", o non sarà nemmeno chiaro il concetto di cerca larga, panoramica, meticolosa, ristretta, incrociata o con qualunque altro aggettivo si accompagni il termine.
Poiché un cane da ferma cerca per reperire, reperisce per fermare e ferma per permettere di sparare a chi sta dietro, dovrebbe apparire subito chiaro quel che si intende quando si parla di "cerca utile".
A caccia come alle prove - che, quale che ne sia la formula, restano prove per Cani da caccia - o si tiene presente questo concetto o si perde di vista il concetto stesso di cane da ferma.
Collegamento, iniziativa e ordine.
Dentro al concetto di cerca utile, ci stanno i concetti di collegamento, dì iniziativa e di ordine.
Dal collegamento non è lecito prescindere. Mai. Un cane da ferma caccia insieme a te, per te, al servizio del tuo fucile, o è un aggeggio cui non vale la pena di fornire vitto e alloggio per bello che sia e per quanto naso, avidità, stile abbia.
Molto dipende dall'addestramento e moltissimo dal rapporto che si è riusciti ad instaurare con il cane. Ce ne sono di naturalmente collegati e sono soggetti con i quali ci si intende con un gesto ed ai quali sì può lasciare quanta briglia si crede, certi che non dimenticheranno nemmeno per un istante chi sta dietro a trepidare con la doppietta.
Inutile ripetere che il collegamento non dipende dalla distanza che separa il cane dal fucile.
E attenti a non confondere il collegamento con la carenza di iniziativa; qualità, quest'ultima, costituente pregio assoluto per qualsiasi razza da ferma e che il pointer può vantare di possedere in altissimo grado.
L'iniziativa è la molla che spinge l'ausiliare ad estendere la cerca fino dove l'esperienza e l'istinto gli suggeriscono essere più probabile la presenza del selvatico, senza attendere ordini, senza richiedere "appoggi" che il cacciatore, al contrario deve essere pronto a concedere.
Anche se sei tu a credere di menare la danza, nel vortice di un valzer devi rispondere alla pressione della partner sulla tua spalla, se non vuoi uscire di pista e se vuoi evitare collisioni che ti costringano a porgere scuse.
A caccia con un pointer si balla in due e non va dimenticato, come dice Colombo, che è il cane e non il cacciatore a portare a spasso il naso.
Cacciare con un cane senza iniziativa è come ballare con una bambola di pezza: tanto vale farlo da soli. E, per farlo, bisogna, prima di tutto, essere privi del senso del ridicolo.
Se, a beccaccini come a starne, a cotorni come a beccacce, sei sempre tu a dover indirizzare la cerca del tuo cane, o hai sbagliato cane o lui ha sbagliato padrone.
L'ordine, infine, e non da ultimo.
La differenza tra una cerca ordinata e un andirivieni senza costrutto è la stessa che passa tra un brano musicale e l'accozzaglia di rumori prodotta in un'officina meccanica; con l'attenuante, per quest'ultima, che sono determinati da un'attività produttiva.
Ha tante probabilità di esserti utile quanto un fucile caricato a coriandoli un cane che batte e ribatte lo stesso terreno, punta in profondità per rientrare a cattivo vento, trascura da una parte un coltivo promettente per ripassare a fondo, dall'altra, una zona in cui palesemente non può starci niente e magari ti raggiunge da dietro, con l'aria d'esser lieto di ritrovarti lì.
La cerca incrociata "a lacci da scarpe", a lacet, come è invalso l'uso di dire, perpendicolari al vento, geometricamente disegnati, pressoché ugualmente distanziati e di uguale lunghezza, chiusi rigorosamente in avanti, è il modo più razionale di battere terreno omogeneo; di rigore in monocoltura.
La distanza tra un lacet e l'altro, determinata dal vento, dalla qualità del selvatico e dall'intensità della sua emanazione; la lunghezza dei lacets, dall'ampiezza del terreno a disposizione; cum judicio in caso di distesa a perdita d'occhio in omaggio al concetto di cerca utile: siete lì per vagliare una plaga, non una provincia.
È tanto sbagliato non pretendere l'incrocio quando è il caso, quanto arbitrario pretenderlo quando non lo è.
A starne in brigata, in ampie distese di stoppie, su coppie in un mare di grano alto una spanna o a quaglie in medicaio non è lecito compiacersi d'altri sistemi ed è stupido scambiare quattro sfondoni con lodevoli iniziative determinate dai cosiddetto "senso del selvatico".
Anche e persino se gli sfondoni sono coronati da successo: la selvaggina aveva la stessa probabilità di trovarsi sul terreno indebitamente trascurato ai lati.
A caccia come in prove è colpevole leggerezza, quando non saccenteria da presuntuosi, giustificare un cane che, nelle condizioni suddette, non svolge cerca incrociata.
Quasi sempre palesa carenza di capacità nell'addestratore o di carattere nel cane: ce ne sono che, se li si piega alla cerca incrociata, perdon mordente o si impegnano tanto ad eseguire l'esercizio da dimenticarsi di impiegare il naso e da eseguirlo diligentemente anche con vento sfavorevole.
Ancora, ce n'è di quelli che non dimenticano di eseguirlo pedestramente, supinamente, quando non è davvero il caso; e li vedi battere il terreno da destra a sinistra e viceversa, tanto di qua e tanto di là, con la stessa energia e con lo stesso "passo", intersecando con indifferenza medicai, stoppie, gerbidi e maggesi.
E guai a scambiare l'ordine che rende utile la cerca con il geometrico disegno con cui viene eseguita.
La Filata
Precede la ferma e consiste nell'azione che il cane compie, dopo aver avvertito, per accertarsi dell'esatta provenienza dell'emanazione.
L'immagine di morbida prudenza che il termine filata richiama e che pare poco confacente con l'indole del pointer, cui si richiede di fermarsi di scatto, hanno fatto ritenere a qualche sprovveduto che il filare non gli si addica.
Niente di più falso. La filata si impone, quando si impone, a tutti i cani da ferma ed il pointer la svolge inimitabilmente.
Rara a vedersi su selvaggina ad emanazione contenuta, come a quaglie, particolarmente a cane fresco e ad andatura sostenuta. Si assiste, per contro, a filate superbe quando il sentore giunge da lontano a cane dotato di gran naso.
A beccaccini, si vedono specialisti virare sull'argine tirando di naso, calarsi decisi in marcita, testa sopra l'orizzontale, filare a galoppo contenuto, cadere in un trotto rapido e raccorciato e bloccare di colpo, in punta di piedi, lasciando la testa lassù, su un collo teso allo spasimo per non perdere il filo carpito al vento, pur rattrappendosi ad arti flessi con un solo, rapido movimento accompagnato da una frustata di coda.
Niente di più affascinante, a starne, di un pointer che lascia un lacet per salire su una ventata, mutando il galoppo allungato in una incongrua, radente, nervosa andatura che forse galoppo non è nemmeno più e che pare determinata da una spinta cui sia arduo opporsi se non con decisione improvvisa che lascia il cane immoto, con gli arti tesi a reggerlo e ad indicarti, fremente, con tutto il suo essere, dove devi attenderti il frullo.
La Ferma (1)
La ferma è frutto di reazione istintiva, radicatissima nel pointer. Un pointer che non ferma non è un pointer come non è un segugio un cane da seguita che non insegue.
La ferma di scatto è conseguenza logica per qualunque cane da ferma che si trovi improvvisamente a ridosso di selvatico e risponde alla necessità di evitare lo sfrullo.
Se per altre razze la si giustifica come necessità contingente, per il pointer è carattere etnico quanto la convergenza degli assi cranio-facciali e va difeso strenuamente, alle prove, ad evitare che si perda.
Facile da riscontrare in cani che piombano su un'emanazione a galoppo spinto, va pretesa, per quanto possibile, anche quando la stanchezza o le asperità del terreno non consentono velocità sostenute.
Non sia consentito mai ad un pointer degno di questo nome, di prodursi in ferme molli, inespressive, prive di quella tensione che si richiede ad un animale di sangue, sintomo inequivocabile di nevrilità, di grinta.
In presenza di selvatico, l'espressione non deve denunciare interrogativi o dubbi, ma far trasparire inesorabile certezza.
L'atteggiamento di ferma dipende, oltre che dallo stile individuale, dalle condizioni contingenti: cane che ferma di scatto si ferma come può e come si trova quando è stato folgorato dall'emanazione. Talora saltando un fosso, a metà di una folata di galoppo o mentre si imbarca di lato, e può farlo con uno o con entrambi gli arti posteriori sotto di sé, sui quattro arti tesi, o tesi solo gli anteriori e flessi i posteriori; o al contrario e non è bello a vedersi, con la groppa più alta del garrese, purché il naso sia ben proteso in avanti, se, piombato a ridosso del selvatico, ha dovuto arrestarsi, davanti al muro dell'emanazione, prima di raccogliersi per il balzo successivo.
Meglio se con i quattro piedi a terra: un arto anteriore o posteriore sollevato si addice a cane che ferma morbido, anche se ce ne sono di quelli che fermano di scatto e di scatto sollevano un arto, più spesso anteriore. Più facile osservarlo in giovani alle prime esperienze, molti dei quali smettono di farlo acquistando determinazione.
"Di rovescio", e strappano un oh! di meraviglia al pubblico delle prove su quaglie.
Succede per lo più quando il cane supera il selvatico da presso ed è costretto ad un violento, spettacolare dietro-front, facendo perno sugli anteriori puntati a terra.
Si è detto e scritto di dare al "rovescio" il peso che merita, dal momento che può trattarsi di resipiscenza, di rimedio ad evitare l'involo, messo in atto da chi poteva e doveva avvertire prima e dal momento che, se lo sfrullo non si è verificato, è spesso per benevolenza o scempiaggine di chi poteva frullare. Il che è anche vero, ma è altrettanto vero che, comunque, il rimedio è stato tempestivo e chi lo ha posto in essere ha riflessi da vendere; e non è detto che abbia dovuto rimediare a carenza propria, invece che a capriccio di vento.
In ogni caso, in piedi, il pointer.
Ad un pointer non è consentito fermare a terra se non per caso, quando proprio non gli è stato possibile arrestarsi in piedi: se si trova improvvisamente a ridosso di selvatico, magari bloccato di rovescio.
Può trattarsi di attitudine ereditata e può esser frutto di vizio acquisito in addestramento, per cattiva digestione del comando "a terra", impartito per ottenere correttezza al frullo. Così, ci sono cani che fermano in piedi per schiacciarsi a terra un attimo dopo o all'approssimarsi del conduttore, o in fase di accostata, o, peggio, e talora in più fiate, in corso di guidata. In quest'ultimo caso, difficile dire se per vizio acquisito, per carenza di sicurezza o per tutte e due le ragioni insieme.
Ci sono cani che si mettono a fermare a terra, alle prove, in piena carriera agonistica senza averlo mai fatto prima, ed è talora difficile farli smettere: può essere manifestazione di stanchezza per un gioco a lungo protratto a freddo, senza le concessioni e le gratificazioni che la caccia cacciata comporta; o può verificarsi nel caso in cui si sia stati costretti ad intervenire duramente per reprimere sopravvenute intemperanze - spesso sulla lepre - o per imporre consenso a chi non lo pratica spontaneamente o lo pratica di mala voglia.
Si vedono fermare a terra pointer affaticati da ore di caccia ed appoggiarsi al terreno stremati, dopo una lunga, spasmodica attesa, con gli arti in tremito, di un padrone lontano o impegnato da un'erta spaccafiato; e si vedono, poi, riportare, reggendo a stento una preda che impedisce il respiro.
Chi non prova l'impulso di abbracciare un cane siffatto non è degno di lui.
L'Accostata
Provocata dal padrone che chiede all'ausiliare di indicare di preciso dove sta quel selvatico che ha fermato, se questi non si decide a sloggiare.
C'è chi la ottiene dando la raganella, facendo schioccare le dita e chi, con la doppietta sul braccio, semplicemente toccando il cane con lo stinco o, meno elegantemente, con la punta del piede.
L'importante è che il cane capisca quel che gli si chiede e che sia disposto a prestarsi a muovere verso il selvatico, dopo aver appreso, qualche volta con le brusche, a restare immobile finché quest'ultimo fa altrettanto e anche dopo che si è deciso a prendere il largo. E non c'è niente che possa apparire al cane più arbitrario.
A caccia, cani esperti, disposti ad aspettarti, in ferma, all'infinito, cominciano talvolta ad accostare spontaneamente appena li si affianca pronti allo sparo.
Alle prove, dopo aver sentito il giudice bestemmiare un "faccia guidare", è orrenda cosa vedere il conduttore trascinare innanzi il cane per la pelle del collo o, peggio, sospingerlo da dietro con la mano o con il ginocchio ottenendo l'opposto effetto di vedere il cane impuntarsi, secondo logica e secondo quanto ... insegnato da Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Altrettanto non bello a vedersi è, alle prove, il conduttore che precede il cane per invitarlo ad avvicinare e nella speranza di provocare il frullo, spesso con accompagnamento di colpi di tosse simulanti catarro bronchiale: così facendo, si "taglia l'emanazione" davanti al naso del cane, che poi non sa più che pesci pigliare e rischia l'investimento, nel tentativo di riprendersi il filo.
C'è chi ottiene l'accostata facendo scattare ripetutamente il moschettone del guinzaglio affianco al cane, provocandogli avanzamento per misteriosa associazione. Misteriosa, poi, non tanto: sento lo scatto quando mi leghi e quando mi leghi ce ne andiamo.
Alle prove su quaglie liberate non è raro vedere conduttori provocare nel cane piccoli balzi battendo il piede o entrambi i piedi a terra. Il bello è che c'è chi scambia questa manfrina per guidata a strappi e ci ricama come se lo fosse; o, quel che è quasi peggio, c'è chi mette alla porta il cane per investimento, se, in concomitanza con uno dei balzelli, alla quaglia pare giunto il momento di prendere il volo.
La Guidata
È l'azione che il cane compie, dopo aver fermato, per tenere il collegamento con il selvatico che si sottrae di pedina: sentendo affievolirsi l'effluvio, procede quel poco o quel tanto che basta ad evitare di perdere il contatto.
Ci si può chiedere per quale motivo si dica che il cane guida, fate conto, le starne, mentre sono loro a tirare lui per il naso e sarebbe pertanto più corretto dire che il cane guida (il cacciatore) sulle starne.
Ma tant'è: il termine è entrato nel gergo venatorio e continuiamo pure così, purché sia chiaro chi è che mena la danza.
La guidata deve protrarsi finché il selvatico procede e deve concludersi con altra ferma solo quando questo si arresta.
Ma può accadere che la selvaggina decida di mettersi in volo senza arrestare la pedina.
A caccia, l'accidente può provocare un moccolo, se il selvatico parte fuori tiro; in prova lo si è visto produrre squalifiche con la semplicistica motivazione: "il selvatico parte con cane in movimento".
Lo standard definisce la guidata del pointer "a colpi di spada".
Sarebbe meglio dire "a colpi di sciabola": la spada è arma da punta, la sciabola da taglio, oltre che da punta, e la guidata del pointer evoca l'immagine di sciabolate, oltre che di affondi.
Il Consenso
È ferma di rispetto: l'arrestarsi alla vista di compagno di lavoro che ha incontrato e fermato prima di lui.
Serve ad evitare che, quando un cane incontra, l'altro abbia ad ostacolarne il lavoro nella delicata fase di conclusione inducendolo in errore o a guastare tutto per invidia. Ci sono cani disposti ad aspettare indefinitamente, in ferma, il cacciatore, ma non tollerano d'esser pressati da un compagno cafone, in presenza del quale forzano senza pentimenti.
La selezione ha fatto sì che il consenso venga praticato spontaneamente da gran parte dei cani da ferma di buona origine, e più spesso da pointer e setter, per i quali la selezione ha operato in tal senso più a lungo e più diffusamente.
A molti sarà capitato di veder consentire cuccioli di un paio di mesi su un fratellino in ferma su farfalla.
È persino capitato di veder "consentire" un gatto, su altro in guato, per una sorta di consapevole imitazione, se non per collaborazione, supposto che la si possa configurare nel domestico felino.
Quando non è spontaneamente eseguito, il consenso può essere imposto con l'addestramento ed anche i più riottosi finiscono quasi sempre per apprendere l'esercizio fino ad eseguirlo senza comandi e talora con tanta espressione da rendere difficile accorgersi della fatica impiegata per insegnarlo.
Se eseguito a comando, risulta non sempre di grande utilità in caccia, soprattutto se richiede ordine troppo vistoso o troppo sonoro; senza considerare che non si e sempre in grado di avvistare il cane in ferma prima che lo faccia quello che dovrebbe consentire.
In prove classiche ed a grande cerca è preteso consenso spontaneo. In prove di caccia il regolamento lo ammette a comando ed è difficile a giustificare le ragioni che hanno indotto i compilatori a far differenze. In ogni caso, sia comando discreto e, soprattutto, il consenso sia eseguito in modo da denunciare almeno consapevolezza, se non proprio partecipazione.
Il Riporto
Riportare la selvaggina uccisa è azione utile, denotante completezza di addestramento e spesso appagante per il cane da ferma, il cui lavoro comporta molte rinunce.
È opinione diffusa che i pointer riportino male e di malavoglia per non esser stato il riporto loro richiesto, in patria, fin dall'origine.
È falso e sembra che l'opinione sia stata determinata dalla frettolosa lettura del testo di Arkwright. L'autore riporta il seguente brano di Floyd (Observations on Dog-breaking, 1821):
"Il mezzo migliore (quando cade un uccello) è di proibire al cane di muoversi e di tenerne uno di razza speciale, il compito del quale sarà soltanto quello di riportare la selvaggina".
E continua, di suo: "Io credo che il consiglio di Floyd (guardia di Sir J. Sebright) di avere qualche altro cane per riportare la selvaggina sia incontestabile ai nostri giorni, se si desidera un lavoro veramente di prim'ordine ... Prima d'aver letto il passo su esposto, credevo d'essere l'inventore dì questo sistema che, più tardi ancora, ho trovato raccomandato dal tedesco von Flemming (1749)".
Dalle affermazioni dell'autore, pertanto, è lecito dedurre che gli inglesi, nella pratica venatoria, pretendevano abitualmente il riporto dai loro pointer e non, come si vuole, il contrario. C'è chi ritiene il riporto azione servile cui non sia lecito assoggettare il nobile pointer: c'è sempre chi attribuisce i propri snobismi al proprio cane o al proprio cavallo.
Sta di fatto che il pointer, come qualsiasi altro cane da caccia, abbocca con estremo godimento la selvaggina abbattuta e quando rifiuta di farlo non è per snobismo, ma perché degenerato.
L'abbocco è preludio al riporto, che il pointer compie spesso spontaneamente e che si ottiene comunque con facilità, con il risultato di avere dal cane un servizio senza levargli un piacere.
I pointer hanno attitudine al riporto come le altre razze da ferma. Nelle prove di caccia, quando il riporto era obbligatorio per tutti i cani qualificati, ho visto i pointer riportare bene quanto i continentali e quanto gli altri inglesi. E talora meglio, che piaccia o no, anche dall'acqua.
Il Recupero
È azione con la quale il cane ritrova selvatico ferito o comunque caduto là dove, senza il suo intervento, sarebbe difficile reperirlo.
Di ben altra utilità rispetto al riporto, la capacità dì recuperare è per lo più frutto di qualità innate che l'addestramento o l'esperienza possono soltanto affinare.
Ci sono corretti riportatori che non recuperano e cattivi riportatori che recuperano caparbiamente e con successo.